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PRESTO SAREMO TUTTI SORVEGLIATI

Diciamoci la verità, se i dirigenti scolastici sono costretti a manifestare per un motivo così ovvio come la sicurezza, se lo stato di insoddisfazione della nostra categoria è perenne e oramai consolidato, il motivo principale è che la scuola da noi, come tutto ciò che è pubblico, è poco considerata.  Diciamo che la scuola e tutta la Pubblica Amministrazione sono viste spesso come fardelli. Gli statali, quindi anche chi fa parte del mondo della scuola, sono, nell’immaginario di certa retorica populista, il gruppo sociale  che non ha voglia di fare niente e che, appena può, cerca di frodare lo Stato, smette di lavorare e si rifugia in piccoli e grandi espedienti per turlupinare il prossimo. Questo il motivo per cui la pubblica opinione, a meno che non si tocchino problemi legati direttamente ai figli, sostanzialmente se ne frega delle nostre cose e permette che il nostro lavoro si svolga, spesso, nella approssimazione, fra tagli e normative spesso lacunose, come lo stesso Decreto Legislativo 81/2008.  Per questo tutto ciò che riguarda la macchina dello Stato, si ritrova soggetto a leggi e regolamentazioni indiscriminate, affidate spesso ad un agire confuso, umorale, coerente con lo stato d’animo del momento della pubblica opinione. Un esempio? Un esempio. Mentre in questi giorni si discute dell’argomento numero uno (da sempre) in tema dii manovra economica, cioè di evasione fiscale. Mentre allegramente ristoranti e bar, esercenti e partite iva, consulenti e professionisti, commercianti, avvocati, fiscalisti e idraulici, continuano a non emettere scontrini, a glissare sulle fatture, a farsi pagare in contanti, la scure dello Stato non ha niente di meglio da fare che menare fendenti ancora una volta sugli statali. E se ci aspettavamo misure drastiche per stanare gli evasori fiscali,  siamo stati ancora una volta delusi e, in Parlamento,  è finita in discussione l’idea di utilizzare le telecamere per, nientemeno,  stanare i disonesti della pubblica amministrazione. La cosa, se non la vedessimo come accanimento,  lascerebbe abbastanza indifferenti perché questo non è il primo e non sarà neanche l’ultimo dei tentativi per colpire i cosiddetti “furbi del cartellino”, denominazione che troppo spesso ha contrassegnato l’intero mondo della pubblica amministrazione e che va quasi di pari passo con l’aggettivo di fannullone applicato indiscriminatamente all’impiegato medio dello Stato, al professore, al bidello. Per partorire questa operazione di videosorveglianza è stata, bontà sua,  messa nel cassetto, come assicura il nuovo Ministro della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, l’idea di utilizzare la più tecnologica impronta digitale per monitorare la presenza sul posto di lavoro dello statale, dirigente scolastico compreso. Sia perché sarebbe andata incontro ai rilievi già mossi dal Garante della Privacy, sia per la eccessiva spesa che avrebbe comportato l’intera operazione con la dotazione, per migliaia di scuole ed edifici pubblici, dei  rilevatori. Così, nella nuova legge di bilancio e nel pacchetto delle misure previste, fra cui quelle legate alla tecnologia e alla sostenibilità ambientale, ai municipi small, alla informatizzazione della Pubblica Amministrazione, ritroveremo un aumento esponenziale delle telecamere negli uffici e sui luoghi di “transito” di chi lavora per lo Stato, ennesimo tentativo di colpire chi, sempre nell’immaginario comune, avrebbe poca voglia di lavorare.  Per snidare un po’ di presunti scansafatiche saremo quindi  tutti costretti, nelle scuole come in tutti i posti di lavoro pubblici, a vivere davanti all’occhio vigile delle telecamere, come in un colossale “Truman Show”, il film  di Peter Weir con Jim Carrey che ha fatto epoca. Eppure siamo già tutti spiati, ripresi, fotografati, sbattuti sui profili Instagram o Facebook, taggati, condivisi, filmati di nascosto, tracciati. Ci mancavano solo anche le telecamere agli sportelli, nelle aule  e negli uffici, con l’intimità che va a farsi benedire. Sia chiaro, noi dirigenti scolastici avremmo tutto da guadagnare da una “diretta” h24, anzi, il mondo saprebbe quanto e come lavoriamo. Ma, al di fuori della battuta… ce n’era veramente bisogno? 

 

Alessandro Turchi